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Kobe Bryant The Black Mamba

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Kobe Bryant The Black Mamba

19 - 22 ottobre 2020

Per lo Scaffale dello sport oggi parliamo di Kobe BryantE' stato una leggenda sportiva che ha pochi eguali nella storia. La sua tragica scomparsa, a causa di un incidente in elicottero in cui è scomparsa anche la figlia tredicenne, Gianna Maria, nella tragica notte del 26 gennaio 2020, ha scioccato il mondo. Campione dell’NBA, in cui ha militato per venti stagioni, Bryant era una stella che non ha mai smesso di brillare, anche dopo il suo ritiro avvenuto nel 2016.
Filadelfia era la sua città natale, ma non tutti sanno che ha mosso i suoi primi passi in Italia.
Studiava da campione già allora, in quell’infanzia trascorsa nella provincia italiana, seguendo la carriera di papà Joe, fra Reggio Calabria, Rieti, Reggio Emilia e Pistoia. Il nonno dall’America gli mandava le videocassette dei “Grandi” del basket perché imparasse.
Imparò talmente bene, quel ragazzo classe 1978 alto quasi due metri, da esordire nell’NBA senza nemmeno fare il passaggio nel campionato universitario, a differenza di gran parte delle figure di spicco del mondo della pallacanestro USA.
Le sue doti erano talmente evidenti, il suo gioco e la sua maturità così straordinarie che non ebbe bisogno di iscriversi all’università per iniziare a giocare. Ad appena diciotto anni era già un giocatore dell’NBA. Fu scelto dai Charlotte Hornets per essere subito ceduto ai Los Angeles Lakers, squadra che non avrebbe mai più lasciato.
Quei Los Angeles Lakers che hanno ritirato in un colpo solo le sue due maglie: la 8 e la 24 (era il suo numero a scuola, ma nel momento dell’arrivo ai Lakers non era disponibile) indossate da Kobe nei suoi venti anni di carriera con i gialloviola.
Più giovane giocatore dell’All Star Game (19 anni e 175 giorni) l’8 febbraio 1998 e miglior realizzatore con 280 Punti. Più giovane giocatore ad essere stato scelto nel NBA All-Rookie Team (1996-97). Più giovane giocatore ad avere segnato 33.000 punti e quarto miglior realizzatore di sempre in Nba con 81 punti in una sola gara. Cinque titoli Nba. Due ori olimpici.
Veniva chiamato black mamba perché in campo era il più pericoloso. Fu lui stesso a scegliere il suo soprannome dopo aver visto il film di Tarantino “Kill Bill”. Black Mamba come il serpente fra i più velenosi al mondo. È il serpente che va a segno nel 99% dei casi, veloce e a ripetizione.
Kobe Bryant non è stato solo un giocatore di pallacanestro, seppur eccezionale, ma una filosofia di vita. È la “Mamba mentality”: «Fare quello che ti piace di più. Farlo al massimo. Farlo cercando di essere il migliore di tutti, sempre. E seguire tutte le strade lecite per diventarlo. Quando fai la cosa che ami di più, l’ossessione è naturale».
Kobe Bryant aveva detto addio alla sua carriera professionale e ai Los Angeles Lakers nel 2016. Lo aveva fatto dopo 20 anni di carriera alle spalle, durante una partita passata alla storia: giocavano contro lo Utah Jazz e Kobe segnò in quell’occasione 60 punti in una sera, in cui tutto il pubblico urlò il suo nome più e più volte, invocando un idolo e lasciando andare, allo stesso tempo, il black mamba, quel gigante che tanto lo aveva fatto sognare.
Un ex cestista di professione, vincitore di 5 titoli NBA indossando la maglia dei Los Angeles Lakers, ma non solo. Sì perché Bryant ha anche vinto anche un Oscar, il 4 marzo 2018, per il cortometraggio d'animazione “Dear Basketball”, tratto dalla lettera d'addio al basket che lui stesso aveva scritto. Ci mancherà molto, perché il destino l'ha portato via troppo presto.
La lettera di addio al basket di Kobe Bryant, da cui è stato tratto il corto premio Oscar “Dear Basketball” è la seguente:
"Caro basket, dal momento in cui ho cominciato ad arrotolare i calzini di mio padre e a lanciare immaginari tiri della vittoria nel Great Western Forum ho saputo che una cosa era reale: mi ero innamorato di te. Un amore così profondo che ti ho dato tutto dalla mia mente al mio corpo dal mio spirito alla mia anima. Da bambino di 6 anni profondamente innamorato di te non ho mai visto la fine del tunnel. Vedevo solo me stesso correre fuori da uno. E quindi ho corso. Ho corso su e giù per ogni parquet dietro ad ogni palla persa per te. Hai chiesto il mio impegno ti ho dato il mio cuore perché c’era tanto altro dietro. Ho giocato nonostante il sudore e il dolore non per vincere una sfida ma perché TU mi avevi chiamato. Ho fatto tutto per TE perché è quello che fai quando qualcuno ti fa sentire vivo come tu mi hai fatto sentire. Hai fatto vivere a un bambino di 6 anni il suo sogno di essere un Laker e per questo ti amerò per sempre. Ma non posso amarti più con la stessa ossessione. Questa stagione è tutto quello che mi resta. Il mio cuore può sopportare la battaglia la mia mente può gestire la fatica ma il mio corpo sa che è ora di dire addio. E va bene. Sono pronto a lasciarti andare. E voglio che tu lo sappia così entrambi possiamo assaporare ogni momento che ci rimane insieme. I momenti buoni e quelli meno buoni. Ci siamo dati entrambi tutto quello che avevamo. E sappiamo entrambi, indipendentemente da cosa farò, che rimarrò per sempre quel bambino con i calzini arrotolati e il bidone della spazzatura nell’angolo, 5 secondi da giocare. Palla tra le mie mani. 5… 4… 3… 2… 1… Ti amerò per sempre, Kobe".
 
Suggestivo il cortometraggio animato della sua lettera d'addio al basket a questo link
Il libro "The mamba mentality : il mio basket" potete trovarlo su Bibliotu
 
inserita 19/10/2020

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